In questi giorni, sta facendo molto clamore l’orribile stupro commesso nei confronti di una donna a poche centinaia di metri dalla questura. La stampa locale sta banchettando e gongolando con questa macabra notizia di cronaca: negli ultimi giorni ci sono stati forniti più dettagli sulla vita personale della ragazza, sulla terribile situazione che l’ha vista essere vittima nella violenza umana e vittima dello sfruttamento a fini mediatici.
Più voci si sono alzate reclamando “più sicurezza” e “maggiore intervento delle forze dell’ordine”; accusando e denunciando il “mostro straniero” che è bianco e, addirittura “parla l’italiano”; invocando, da subito nei social network, punizioni esemplari e soprattutto indignandosi della terribile scoperta che la città vetrina di Bergamo in realtà nasconda anche persone che prevaricano le donne, le sottomettono, le usano come oggetto sessuale. Nello stesso istante le stesse voci si sono subito mobilitate per chiarire che l’evento è stato isolato, che non ci sono emergenze di “mostri stupratori” a Bergamo, che la città è tranquilla e sicura.
Peccato che non si tenga conto di tutte quelle donne che, all’interno delle loro mura domestiche o sul posto di lavoro, vivono situazioni di privazione della propria identità: sottomesse dai propri partner/mariti e datori di lavoro; costrette a subire violenze psicologiche e fisiche; a mascherare lividi; a vivere nel terrore familiare e con la paura di apparire sbagliate, ingrate; con la certezza di non essere capite/sostenute dai benpensanti vicini, concittadini e compaesani.
Peccato che la cultura dominante sia quella patriarcale, maschilista, cattolica e prevaricatrice che legittima quotidianamente l’uso della donna e del suo corpo come oggetti sessuali. Cultura dominante che subito mette in discussione la gravità di una violenza in base all’abbigliamento tenuto dalla donna, alla nazionalità dell’aggressore, alla forzatura nel “sentirsi sicura a tornare alla macchina da sola a tarda notte” e tante altre misere giustificazioni per far intendere, in maniera sottesa, che forse se l’era cercata.
Di fronte a questa situazione le smargiassate, lo spray al peperoncino per i vigili e invocare più telecamere hanno solo l’effetto di creare un clima di maggiore insicurezza per la popolazione generale. La sicurezza nelle strade non può essere garantita da coprifuochi o delegata alla presenza delle guardie: le strade sono sicure quando sono vive, frequentate e si creano rapporti di amicizia e solidarietà. La necessità è quella di abbandonare la diffidenza e il timore del prossimo e unirsi alla lotta per costruire una cultura di rispetto verso la donna e verso ogni essere vivente.
La “maggior sicurezza” è solo un alibi per mascherare l’aumento del controllo sociale a cui ognuno è sottoposto. Il continuo delegare alle forze dell’ordine, spesso colpevoli di violenze verso le migranti detenute nei CIE e verso donne rinchiuse nelle carceri e nelle caserme, è un chiudere gli occhi davanti alla realtà in cui lo stupro è troppo spesso usato come tortura e metodo per piegare la forza e la dignità della donna.
Non lasciamo che altri si preoccupino di cambiare questa cultura sessista, lottiamo nel quotidiano per autodeterminarci e liberarci delle oppressioni che ci limitano nella vita e nelle scelte.
Non siamo gli oggetti sessuali ad uso e consumo di qualcuno, come quotidianamente lasciano intendere i media;
non limitiamoci a reprimere il singolo gesto ma, piuttosto, ricerchiamo ed estirpiamo le cause che l’hanno generato e che continueranno ad alimentare le violenze di genere!
SOLIDARIETÀ CON TUTTE LE VITTIME DI VIOLENZE E STUPRI!
RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE VITE CON IL FINE DI SCARDINARE QUESTA CULTURA IMPERANTE!
Anarchiche e anarchici della Malpensata
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