Gli avvocati: no all’archiviazione per la morte di Aziz. Il rapporto del Dipartimento di Stato Usa: “Omicidio controverso”. La tragedia di un anno fa nel Bergamasco finisce nel rapporto americano sui diritti umani
MORNICO AL SERIO (Bergamo) – Un “omicidio controverso”. Firmato, Hillary Clinton. “Controverso” come i casi di Sandri, di Cucchi, di Aldrovandi. Un ragazzo che muore; uomini delle forze dell’ordine che finiscono sotto inchiesta. Per non perdere il filo che da una tragica notte a Mornico al Serio – tremila abitanti nella pianura bergamasca – porta a Washington negli uffici del Dipartimento di Stato americano, bisogna raccontare come ha smesso di vivere – da innocente – un ragazzo marocchino di 18 anni. Aziz Amiri. In un parcheggio di via Verdi sono le nove di sera del 6 febbraio 2010. L’unica colpa di Amiri è di essere seduto sul lato passeggero di un’utilitaria, una Peugeut 206, guidata da un connazionale che ha cinque anni più di lui e che per tentare di sfuggire ai carabinieri – in macchina ci sono 30 grammi di cocaina – inserisce la retromarcia e sperona l’auto dei militari (in borghese). Uno scende, cade a terra, si rialza, infila il braccio all’interno della Peugeut attraverso il finestrino abbassato; il guidatore marocchino (non è armato, riuscirà incredibilmente a scappare a piedi) prova a disarmare il carabiniere. A quel punto parte il colpo che uccide Amiri. Fin qui la cronaca.
La procura di Bergamo apre un’inchiesta. Il carabiniere, appartenente al nucleo operativo radiomobile di Bergamo, è indagato per omicidio colposo. Stando alla sua versione e a quella del collega impegnato con lui in un servizio antidroga – le uniche su cui si basano
le indagini, le uniche disponibili, del marocchino fuggito non si è più avuta traccia – il colpo sarebbe partito accidentalmente. Ma a più di un anno restano molti punti oscuri nella ricostruzione della vicenda messa a verbale dai militari. A partire dallo sparo. Uno solo, secondo i carabinieri. Due, addirittura tre secondo almeno un testimone – un abitante della zona – che però non è mai stato sentito dal gip. Che cosa è successo davvero quella notte? Quanti e quali sono i dubbi da chiarire se persino il Dipartimento di Stato americano (diretto dal segretario di Stato Hillary Clinton) nel annuale rapporto dedicato al rispetto dei diritti umani ha classificato la vicenda di Amiri tra gli “omicidi controversi” (il delitto di Mornico figura nel capitolo titolato “privazione arbitraria o illegale della vita”)?
C’è stato abuso di potere da parte del carabiniere che ha sparato? A breve il gip Bianca Maria Bianchi dovrà decidere, sulla base degli elementi acquisiti finora, se accettare o respingere la richiesta di archiviazione presentata a marzo dal pm Maria Cristina Rota. Due le alternative alla chiusura del caso: restituire gli atti alla procura per un approfondimento delle indagini oppure aprire un processo. “È doveroso fare luce sulla morte di Amiri – dicono l’avvocato Tatiana Burattin e il procuratore Paolo Bulleri, che difendono e rappresentano la famiglia della vittima -. Chiediamo di sapere la verità su quello che è successo. Oltretutto Amiri era il passeggero e cioè una persona innocente”. Per fare nuova luce sull’omicidio il difensore del ragazzo marocchino ha presentato una relazione tecnica firmata da Alberto Riccadonna (caso Sandri-Spaccarotella e prima ancora Unabomber).
La perizia balistica solleva diversi interrogativi. Primo fra tutti: perché viste le circostanze (auto della vittima bloccata e guidatore non più al posto di guida) il carabiniere ha introdotto il braccio armato nell’auto perdendo il controllo dell’arma? La mossa appare quantomeno imprudente: i due marocchini non erano armati, ma in caso contrario cosa sarebbe successo? E se, viceversa, si fosse sospettato che la vittima potesse essere armata, introdursi all’interno della vettura non sarebbe stato un suicidio? “Si poteva intimare ad Amiri di uscire dalla vettura – in un momento in cui la situazione fosse completamente sotto controllo – senza doversi avvicinare a una distanza “rischiosa””, scrive Riccadonna. Altro dubbio: come è possibile che l’altro marocchino – appunto disarmato – sia riuscito a scappare a piedi sotto il naso dei due carabinieri uscendo dall’auto e allontanandosi? Era così difficile trattenerlo all’interno dell’auto? Nel rapporto del Dipartimento di Stato americano non si entra nei dettagli. L’omicidio di Amiri viene semplicemente definito “controverso”. E si ipotizza un “uso sproporzionato della forza”. Forse è già abbastanza.
PAOLO BERIZZI (13 giugno 2011)
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/06/13/news/ucciso_carabiniere-17608555/?ref=HREC1-4“Come Cucchi, Aldrovandi e Sandri”: ora la Clinton punta i riflettori sul caso di Aziz Amiri
MORNICO AL SERIO (BG) – Il Dipartimento di Stato americano ha classificato l’episodio come “omicidio controverso”. Il caso Amiri figura nel capitolo titolato “Privazione arbitraria o illegale della vita” di un importante Rapporto (inglese – italiano) che il Dipartimento di Hillary Clinton dedica ogni anno allo stato dei diritti umani nei vari paesi del mondo. Paesi tra i quali l’Italia non fa certo eccezione. Nella lunga serie di episodi poco chiari finiti sotto la lente di ingrandimento dell’Amministrazione Obama il Rapporto 2010 cita, tra gli altri, i casi di Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri e Stefano Cucchi. Mentre in Italia il caso rischia l’archiviazione, a finire sotto osservazione negli USA è proprio ciò che accadde quella sera del 6 febbraio 2010, quando a Mornico al Serio in provincia di Bergamo, Aziz Amiri, ragazzo marocchino di 18 anni, rimane ucciso in circostanze ancora tutte da chiarire, per un colpo di proiettile sparato dall’arma di un carabiniere.
La versione dei fatti resa dai due militari coinvolti parla di un solo colpo partito accidentalmente in seguito ad una colluttazione. Ma a più di un anno dalle indagini restano molti punti oscuri nella ricostruzione della vicenda fatta dai due carabinieri.
Anzitutto sul numero di proiettili esplosi quella sera a Mornico non vi è alcuna certezza. Almeno un testimone ha dichiarato subito dopo i fatti di aver sentito il rumore di più di uno sparo di arma da fuoco. Forse addirittura tre. Ciò nonostante questa persona non sarebbe mai stata sentita dal GIP nel corso dell’indagine preliminare. E del resto non risulta che alcun residente della via in cui è avvenuto l’omicidio sia mai stato chiamato a testimoniare.
Anche la ricostruzione della dinamica dell’omicidio andrebbe maggiormente approfondita. Rimangono ancora senza risposta tutti i dubbi sollevati dal perito balistico di parte, uno dei massimi esperti italiani del settore, che può vantare nel suo curriculum importanti esperienze professionali in diverse indagini eclatanti: una su tutte il caso di Unabomber.
Elementi che sarebbe stato opportuno approfondire già nel corso dell’indagine preliminare: a breve il GIP Bianca Maria Bianchi dovrà infatti decidere, sulla base degli elementi acquisiti finora, se accettare o respingere la richiesta di archiviazione presentata a marzo dal PM Maria Cristina Rota. Due per il GIP le alternative alla chiusura del caso: la restituzione degli atti alla Procura per un approfondimento delle indagini oppure l’apertura del vero e proprio processo. Una decisione, quest’ultima, in cui certamente spera ora l’avvocato che difende le ragioni della famiglia Amiri, Tatiana Burattin, che ha presentato un’opposizione alla richiesta di archiviazione.
Giunto nel nostro paese da appena due mesi, Aziz Amiri quella sera era seduto sul lato passeggeri di una Peugeot 206 in compagnia di un connazionale. L’auto ferma, davanti al marciapiedi, in un parcheggio non distante dall’oratorio di Mornico, paese della bassa bergamasca. Il conducente discute con un uomo in piedi, appoggiato alla portiera. Quell’uomo, avrebbero detto poi i carabinieri, era un loro informatore. Aveva infatti da poco avvisato i militari che i due marocchini avevano a bordo diverse dosi di cocaina.
All’improvviso una Fiat Punto si arresta dietro l’auto dei due marocchini. Due carabinieri in borghese scendono e si avvicinano alla Peugeot intimando l’alt. A questo punto l’indagine si affida, come unica versione dei fatti, alla successiva ricostruzione fornita dai due militari dell’Arma. Il conducente dell’auto inserisce la retro nel tentativo di fuggire per sottrarsi all’arresto. Ma l’auto civetta dei militari impedisce ogni via di fuga. Le ripetute manovre del marocchino alla guida – nella speranza di aprirsi un varco speronando la Fiat Uno con il lato posteriore della macchina – fallisce dopo pochi secondi. In quei momenti concitati, uno dei carabinieri perde l’equilibrio. Dopo essersi rialzato il militare estrae la pistola e la punta contro il conducente della Peugeot, che, sempre secondo la versione dell’Arma, afferra la mano del carabiniere nell’estremo tentativo di disarmarlo. E’ a questo punto che sarebbe partito il colpo mortale che raggiunge Aziz Amiri al torace. Per Aziz ancora pochi attimi, poi non c’è più nulla da fare. Nella Peugeot verranno rinvenute alcune dosi di cocaina. Ma nessun’arma.
Cosa è successo veramente quella notte del 6 febbraio 2010 a Mornico al Serio, tanto da aver attirato l’attenzione del Dipartimento di Stato americano? Oltre all’indagato e al suo collega, solo un uomo conosce oggi tutta la verità dei fatti. Ma è irreperibile. Prima dell’arrivo dei soccorsi infatti, il marocchino alla guida della Peugeot, amico di Aziz ed unico testimone oculare dell’omicidio, riesce inspiegabilmente a darsi alla fuga a piedi. Cosa ha impedito a due militari armati di trattenere un uomo solo, rimasto chiuso in una vettura bloccata?
E’ forse anche a partire da questi dubbi che il Dipartimento di Stato americano chiede ora all’Italia di fare chiarezza sul caso. E sono proprio questi interrogativi che tormentano da oltre un anno la famiglia Amiri, che si aggrappa ora alla tenue speranza che la giustizia italiana voglia far piena luce sull’omicidio del giovane Aziz.
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