Il sig. Bonomo M.B., oltre ad essere avvocato e ricoprire l’incarico protempore di sindaco nel comune di Colere, da appassionato di storia, ha pensato bene di divertirsi anch’eglli nel riscriverla per i propri tornaconti, utilizzando la vicenda del disastro del Gleno. Evidentemente alcuni pessimi insegnamenti di questi ultimi anni hanno fatto scuola; si prende un tema, si sfruttano materiali già scritti, qualche diceria, qualche carta lasciata in giro da investigatori da metodi opachi abituati a tessere trame indicibili, per assemblare un nuovo libro che crei clamore, in modo da riuscire ad ottenere almeno due obiettivi: quello economico e quello politico.
Spararle grosse, se si hanno appoggi giornalistici, aiuta a catalizzare l’attenzione di molti possibili acquirenti, a vendere più copie dei propri libri, a raggranellare più soldi e soprattutto a screditare i propri avversari politici, spargendo fango fatto di falsità e dicerie.
Sull’Eco di Bergamo del 23-9-15 ecco così un’intera pagina dedicata alla possibile uscita di questo nuovo libro che rivelerà una verità sconvolgente sulla vera causa del crollo della diga del Gleno; il giornalista Cattaneo F. offre la propria opera divulgativa, Bonomo appare come un nuovo indagatore dell’ignoto, segugio dalle capacità multidisciplinari, che arriva a scoprire che la diga non crollò per difetti costruttivi e “progettuali”, ma fu distrutta, attenzione, attenzione, da un attentato dinamitardo dei cattivissimi anarchici!! presumiamo dell’epoca, non sia mai che con le nuove teorie sui viaggi temporali… abbia anche scoperto sotto quali nuove spoglie di altri anarchici si siano ripresentati!! Accidenti, chi costruì la diga ai tempi, non riuscì a scaricare le proprie responsabilità addosso ad altri, ecco che arriva il Bonomo – un secolo dopo – ci pensa lui a trovare i responsabili, le motivazioni del misfatto e magari spera anche nella riconoscenza degli eredi dei vecchi proprietari, per aver rimesso a posto per benino tutte le cose e perchè no, magari anche a fare da apripista alla costruzione di una nuova diga del Gleno; insomma un piccolo condottiero che farà vedere cosa sa fare…
Don Spada ex direttore de L’Eco di Bergamo, nato in Val di Scalve, pensiamo non si sarebbe mai prestato ad una operazioncina di marketing di tale bassezza, perchè come valligiano doveva conoscere bene il dramma che era realmente successo e non avrebbe mai pubblicato un articolo di tale fattezza e comunque mai con tanto spazio ed enfatizzato a priori una responsabilità politica così specifica senza prove sostanziose…
I fatti ci dicono che nel 1927, in piena epoca fascista, un processo condannò uno dei proprietari dell’impresa costruttrice della diga ed il progettista della stessa a circa 4 anni di carcere subito però condonati. La magistratura e con tutta probabilità il regime fascista, decise così di stendere un velo pietoso su quello che avevano combinato. Se fossero stati veramente degli anarchici a causare il crollo della diga, il fascismo avrebbe sicuramente rincarato la dose, strumentalizzando ancor più, di quello che già fece all’epoca, l’attività degli oppositori politici. Le responsabilità del proprietario sig. Viganò e del progettista Santangelo erano così palesi, che creare falsi responsabili di comodo, rischiava di scatenare la rabbia di migliaia di bergamaschi e non solo, che avevano visto costruire una diga con un progetto ingegneristico discutibile anche per l’epoca, si tenga in evidenza che la diga era nata progettualmente come una del tipo a gravità poi modificata con procedure fraudolente in una diga con struttura ad archi multipli, ma soprattutto molti sapevano che la realizzazione edilizia era stata scadente, causa le pressioni dei proprietari nel far presto e per risparmiare, tanto che tutt’oggi se ne rilevano sul posto le plateali magagne, infatti l’esito fu la tragedia del Gleno!
Ricordiamo alcuni passaggi cruciali della vicenda.
22 ottobre 1923: il bacino idrico si riempie interamente a seguito di abbondanti piogge. Circa 12 metri cubi di acqua al secondo si scaricano dagli sfioratori, la pressione dei getti batte con forza contro lo spigolo dei piloni di fondo, asportando molto materiale accumulato.
24 ottobre 1923: l’ingegnere capo del Genio Civile sig. Lombardi si reca al cantiere della diga per verificare la situazione, in particolare le infiltrazioni d’acqua.
29 novembre 1923: l’ing. Conti si reca in visita alla diga perchè le perdite d’acqua dalla stessa aumentano.
1 dicembre 1923: alle 6.30 il guardiano della diga sig. Morzenti, nel percorrere una passerella avverte un moto sussultorio violento; alle ore 7.15 avviene il crollo della diga. Le testimonianze escludono che vi siano stati movimenti sismici, atti violenti o attentati. Alle 7,30 l’ondata creatasi con il crollo raggiunge la borgata di Dezzo spazzandola via.
30 dicembre 1923: il Procuratore del re incrimina per omicidio colposo, di circa 500 persone e per altri reati, la famiglia Viganò proprietaria della diga ed il suo progettista.
6 gennaio 1924: viene ordinato il sequestro dei beni della famiglia Viganò e del progettista.
5 maggio 1925: inizia il processo, ma viene più volte rinviato a ruolo per accertamenti tecnici.
4 luglio 1927: Termina il processo con una sentenza che condanna con chiarezza i proprietari ed il progettista, ma con pene decisamente lievi, tanto che subentra subito il condono.
Il tentativo già all’epoca messo in opera dalla difesa dei proprietari, di sviarne le responsabilità, balenando la tesi di un possibile attentato dinamitardo, viene imbastito prendendo spunto da dichiarazioni di un detenuto nel carcere di Cremona, che alluse a non precisati anarchici che avrebbero dovuto preparare una poderosa esplosione alla base della diga. Purtroppo si sa bene o si dovrebbe saper bene, quanto sia facile ricattare persone detenute… Inoltre tutta la preparazione, compreso il trasporto di un necessario alto quantitativo di esplosivo, sarebbe avvenuto senza che guardiani, operai o altri si avvedessero di nulla! Evidentemente neanche l’accusa dell’epoca si era fatta abbindolare dai maneggi degli avvocati difensori!
Sia all’epoca, sia purtroppo oggi, nell’articolaccio del sig. Cattaneo F. si punta a svilire, guarda il caso, le testimonianze proprio del testimone principale, il guardiano Morzenti, che di esplosioni non ne ha sentite, ma che invece testimoniò, per esempio, sulla scarsa qualità della malta cementizia, della sabbia e della ghiaia, disse anche che la calce fu usata in modo unico e esclusivo, nella costruzione del basamento della diga, sul quale vennero poi impostati i piloni ad archi multipli; detta calce in quella muratura del basamento si vede spappolarsi come farina. Il ferro era in parte nuovo, in parte arrugginito e residuo di guerra, sul quale il cemento non faceva presa. Esclude che i ferri delle armature possano essere stati tagliati. Asserisce che il calcestruzzo veniva gettato senza compressione.
Man mano che l’altezza della diga saliva, anche il livello dell’acqua nel bacino veniva innalzato, causando aumenti notevoli di infiltrazioni d’acqua alla base della diga. Anche il tentativo di turare le falle venne svolto in modo a dir poco approssimativo, poichè il bacino idrico, per evidente interesse economico, non venne mai svuotato per permettere adeguate contromisure riparative. Infatti la diga crollò proprio dove alla base si erano verificate le maggiori fughe d’acqua! Tutti sapevano di questo serio problema tant’è che lo stesso Viganò si lasciò sfuggire che se crollava la diga sarebbe scappato in Svizzera…
Speriamo che una fra le più grandi tragedie civili italiane, che dovrebbe essere già stata ben studiata, non venga mai strumentalizzata per reinterpretare lo scontro sociale avvenuto all’inizio del 1900, che è comunque altra cosa.
Speriamo inoltre che a tale libro non venga dato nessun credito e pertanto non veda neanche la luce e nel malaugurato caso che ciò non avvenisse, venga lasciato al suo giusto destino di non essere acquistato e portato al macero; al suo autore auguriamo invece un felice futuro professionale d’avvocato in modo da lasciare ad altri più seri gli studi storici e la politica svolta eticamente.
Spazio anarchico Underground – Bergamo
Bergamo 01 ottobre 2015
P.S. Le notizie storiche sono state estrapolate in buona parte dal libro “L’acqua, la morte, la memoria. Il disastro del Gleno” a cura di Angelo Bendotti edito a cura della Comunità Montana di Scalve.
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