Il 19 ottobre 2010 sarà ricordata come una data di svolta nel diritto   del lavoro italiano. L’approvazione definitiva del cd “Collegato  lavoro”  rappresenta il culmine di un arretramento dei diritti delle  lavoratrici  e dei lavoratori che li ha riportati, sostanzialmente,  indietro di 60  anni. Si tratta di una legge che si muove in parallelo  all’attacco  padronale culminato (…per ora) nel “modello Pomigliano”  (divieto di  scioperi che mettano in discussione l’accordo Marchionne –  CISL e_UIL;  divieto di ammalarsi troppo; turni continuativi di 7,5 ore,  con pausa a  fine turno; triplicazione dello straordinario  obbligatorio; ecc.) e  nella disdetta del Contratto nazionale dei  metalmeccanici da parte di  Federmeccanica.
Il tutto come esito, da un lato, della  globalizzazione capitalistica  e delle trentennali politiche neoliberiste  ( causa diretta della più  grave crisi economico-finanziaria degli  ultimi 80 anni, che si pretende  di risolvere radicalizzando l’attacco  all’occupazione, ai diritti, al  salario e al welfare), e, dall’altro,  delle politiche concertative dei  sindacati confederali che hanno  mostrato di condividere molti dei falsi  miti del neoliberismo (scambio  salario-occupazione tradotto  nell’abolizione della scala mobile e nella  cd. “politica dei redditi”;  scambio flessibilità-occupazione, che ha  dato il via agli interventi  legislativi di precarizzazione del lavoro;  ecc.).
Situazione aggravata dal costituirsi di un vero e proprio  blocco  unitario tra Confindustria, CISL, UIL e UGL, quanto meno a  partire  dalla firma dell’accordo separato che li ha visti concordi nel  varare  il “nuovo modello di Contratto collettivo nazionale”. L’accordo  del  22/01/09 costituisce una sorta di legittimazione preventiva del   “modello Pomigliano”, infatti esso ha introdotto, per la prima volta in   Italia, la possibilità che i contratti aziendali siano peggiorativi di   quelli nazionali.
E il prossimo obiettivo è l’abolizione dello Statuto dei Lavoratori. Il ministro Sacconi, dopo aver espresso tutta la sua soddisfazione per l’approvazione del “Collegato”, lo ha immediatamente annunciato: “ E ora il Governo proporrà all’esame del Parlamento il disegno di legge delega sullo Statuto dei lavori, per realizzare compiutamente il sogno di Marco Biagi per un diritto del lavoro moderno a misura della persona.” (….in fondo anche gli schiavi erano persone!)
Si può sperare che  l’”opposizione” parlamentare si muova da subito e  non solo dopo l’ultimo  minuto utile, come ha fatto riguardo al  “Collegato lavoro”? O che il  PD, per opporsi al Governo, non presenti  un progetto di legge  in  materia di lavoro, addirittura peggiore del  suo?
E’ francamente arduo farlo!
Si  può sperare che le lotte in atto in altri paesi europei  (segnatamente  in Francia, dove non c’è stata l’opera distruttiva della  coscienza di sé  perpetrata in Italia dai sindacati concertativi)  possano divenire un  esempio contagioso.
Si può sperare, innanzi tutto, che le notevoli  potenzialità che si sono  espresse nella straripante manifestazione  strettasi attorno alla FIOM  il 16 ottobre possano trovare la via della  costruzione di un movimento  unitario di opposizione.
Anche se questo  percorso, oltre alla negativa situazione dei rapporti  di forza, trova  molti ostacoli sul suo cammino. Dall’evidente assenza  persino di  candidati plausibili ad una rappresentanza politica di  un’opposizione  che si proponga un nuovo modello di sviluppo economico,  sociale,  ambientale, democratico (mi sembrerebbe addirittura di  maramaldeggiare  se dovessi fare l’elenco delle manchevolezze delle  organizzazioni  politiche che si contrappongono ostinatamente tra loro,  pur  dichiarandosi tutte anticapitaliste. E soffrendo, le “maggiori” di  loro,  di sindrome da dipendenza dal PD. Per non dire dei nuovi  funamboli  della parola alla Vendola!). Al pesante condizionamento  politico del PD  nei confronti della CGIL nell’auspicarne il ritorno  all’ovile con CISL e  UIL, al peso dell’elefantiaca struttura  burocratica della CGIL naturale  portatrice di “moderazione”, alla  disponibilità del gruppo dirigente  confederale all’ipotesi di un nuovo  (?) patto sociale, fino al surreale  proposito di Epifani di mettere in  conflitto tra loro Confindustria e  Federmeccanica!  All’apparente  impossibilità del sindacalismo di base di  darsi un percorso unitario e,  quindi, di acquisire i requisiti  oggettivi per “imporre” la propria  presenza. Alle difficoltà di  conciliare tra loro le priorità  dell’opposizione di classe con quelle  dell’opposizione ambientalista,  anche se su questo terreno si è fatto  qualche passo avanti,  riscontrabile in gran parte nell’intervento di  Landini all’Assemblea  nazionale dei movimenti per l’acqua pubblica.
E i molti, singoli conflitti in atto nei posti di lavoro e sui territori sono tra loro isolati e, quindi, risultano inefficaci.
Ma siamo in molti a proporci l’indispensabile inversione di rotta, pur riconoscendoci in diversi
“agglomerati” (associazioni, organizzazioni politiche o sindacali) o in nessuno di essi.
Sarà possibile individuare come obiettivo unitario di lotta quello della difesa dello Statuto dei Lavoratori, al quale il governo ha già dichiarato guerra?
Sergio Casanova – Genova
SCHEDA DI SINTESI DEI CONTENUTI DEL “COLLEGATO LAVORO”
Gli aspetti più devastanti del “Collegato lavoro” sono:
•     la possibilità (o l’obbligo a seconda di quanto deciderà in via   definitiva il Parlamento) di una rinuncia preventiva a rivolgersi al   giudice nelle controversie col datore di lavoro e l’impegno ad accettare   la decisione di arbitri privati;
•    la possibilità per gli  arbitri di decidere secondo equità,  disapplicando le norme di legge ed i  contratti collettivi di lavoro;
•    l’obbligo del lavoratore di pagare un compenso anticipato agli arbitri (il processo del lavoro è gratuito)
•     la possibilità per i “contratti individuali certificati” (anche  dai  consulenti del lavoro che stabilmente collaborano con i datori di   lavoro) di derogare alla legge ed ai contratti collettivi, aprendo lo   spazio alla contrattazione privata in deroga a quella collettiva;
•     la possibilità dei contratti individuali certificati di  individuare  ulteriori cause di licenziamento oltre quelle stabilite dai  contratti  collettivi;
•    la retroattività dell’effetto vincolante per il  giudice delle  certificazioni rispetto anche ai contratti in corso; •     il divieto  del giudice di sindacare le valutazioni tecniche  organizzative e  produttive dei datori di lavoro (e quindi di entrare nel  merito delle  ragioni dei licenziamenti, dei trasferimenti, dei  contratti a termine);
•     l’impossibilita’ di impugnare tutti i contratti precari esistenti, trascorsi due mesi dall’entrata in vigore della legge;
•     il termine di due mesi per impugnare il licenziamento orale (ad  oggi  non esiste un termine anche perché è impossibile al lavoratore  provare  quando è stato licenziato “a voce”);
•    il termine di due mesi per impugnare un trasferimento o un contratto a termine illegittimo (oggi non c’è alcun termine);
•    un termine di sei mesi per iniziare la causa (oggi non c’è alcune termine);
•     la riduzione del risarcimento per i contratti a termine  illegittimi da  due a dodici mensilità mentre oggi non vi è alcun limite  al risarcimento  danni a favore del lavoratore.
Questa legge ( che rispolvera una concezione ottocentesca della contrattazione, quando ogni lavoratore era solo davanti al padrone ) coerentemente, abbassa l’età dell’obbligo scolastico e, quindi, anticipa l’età dell’ingresso sul mercato del lavoro! Infatti prevede la possibilità assolvere l’ultimo anno di obbligo scolastico, fissato a 16 anni, anche con l’apprendistato, che quindi varrà per i 15enni come stare in classe.
 
		






